I cartelli di molte manifestazioni in Uk che inneggiavano all’uscita dall’Unione europea recitavano “brexit means exit”.

Molte accadimenti si sono susseguiti da allora, due tra i più emblematici potrebbero essere la campagna per indire un nuovo referendum e le dimissioni del ministro per l’Irlanda del Nord Shailesh Vara, della ministra del lavoro Esther McVey, e ancor più significative, del segretario per la Brexit Dominic Raab e della sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman nel momento in cui il Primo Ministro May ha annunciato di aver definito a Bruxelles un accordo per uscire dall’ EU.

“Le red lines” di quest’ultimo documento sottoposto all’ attenzione degli alti funzionari europei rappresentano la nuova frontiera di Theresa May, quella da non oltrepassare; da più parti si concorda che non ci siano più possibilità di rinegoziare questo accordo che, ineluttabilmente, considera gli aspetti molteplici della Brexit e ratifica -o tenta di farlo- delle clausole che mettano gli attori della vicenda in una condizione di parità.

I Brexiteers contestano ancora dai banchi del governo May che l’accordo, così come è stato presentato a Bruxelles, non soddisfa i loro intenti, eppure una fazione tra i Tory backbenchers potrebbe dare il suo appoggio anche a dispetto di una evidente insoddisfazione.

Il Primo Ministro ha ribadito, dal canto suo, che se la sua proposta venisse bocciata, non ci sarebbe più nessuna Brexit da attuare e i veli dell’ottimismo tessuto a Bruxelles cadono definitivamente quando Donald Tusk afferma che l’ Europa sta solo cercando di contenere i danni per un accordo che è perdente per entrambi, comunque vadano le cose. Ma la politica è fatta così, di affermazioni rassicuranti sull’improponibilità di una nuova frontiera fisica in Irlanda da un lato, mentre dall’altro si tenta di mantenere e di intensificare i controlli sul passaggio commerciale tra Irlanda e Gran Bretagna.

L’Europa si dice pronta ad ogni scenario, il Regno Unito vive una delicata fase politica in cui la prima a risentirne è l’economia, con le ripercussioni su quella sterlina, simbolo di un orgoglio e di un’autonomia nazionale che l’ Unione europea non ha mai messo in discussione, e che ha perso l’1% del suo valore durante i giorni di Bruxelles.

Next step: il meeting del 25 novembre, dimissioni e defezioni permettendo.